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Da qualche tempo le riviste italiane son vittime di una misteriosa pestilenza che una dopo l'altra, improvvisamente, le abbatte. L'anno scorso si spense a Firenze lo scarmigliato Leonardo col ridicolo pretesto di esser troppo letto — ai primi di questo anno son morte, teneramente abbracciate, le due gemelle romane Prose e Revue du Nord. Anche gli Studi Religiosi di Firenze hanno sospeso le loro pubblicazioni e dopo poco anche il loro direttore, Don Minocchi, è stato sospeso. A Trieste è scomparso per sempre l'ignorato Palvese e si hanno timori per la vita del Coenobium e della Nuova Parola.
Ma i negozianti di carta si rassicurino. Accanto ai cadaveri si odono già i primi vagiti dei neonati. A Siena sono stati già stampati con lusso due numeri di una Vita d'Arte, piena d'illustrazioni e di buona volontà — a Roma è sorta una contaminatio della Nuova Antologia e della vecchia Rassegna Internazionale sotto il nome di Rassegna Contemporanea — pure a Roma esce ora Nova et Vetera, furibondo attaccabrighe del modernismo pragmatista —a Milano un gruppettino di ex-giovini monarchici sta preparando un risuscitamento di Critica e Azione ed esce ora il Commento il quale sarà migliore di tutti gli altri per la stessa ragione che il Don Chisciotte era, per Montesquieu, il migliore dei libri spnuoli essendo quello che canzonava tutti gli altri.
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